Il museo etnografico Torchio di Cerido

A Cerido, sopra Morbegno
 

Il frantoio oleario del secolo XVII. Foto di M. Dei CasUn suggestivo incontro con gli strumenti, la cornice naturale ed i profumi della civiltà contadina in un angolo nascosto della Costiera dei Cech
Un'ottima occasione per conoscere alcuni aspetti della civiltà contadina nella Costiera dei Cèch, magari associando alla curiosità il desiderio di una breve passeggiata che, in ogni stagione, regala scorci di grande suggestione, può essere rappresentata dalla visita al piccolo museo etnografico di Cerìdo, incantevole borgo nascosto fra i boschi del fianco montuoso che sovrasta Campovico. Se vogliamo arrivarci con l'automobile, lasciamo la statale 38 al primo semaforo d'ingresso a Morbegno (per chi viene da Colico), deviando a sinistra (indicazioni per Traona e per la Costiera dei Cech). Superiamo così un ponte sulla ferrovia ed un semaforo; oltrepassato un secondo ponte, sull'Adda, prendiamo a destra, percorrendo la strada che sale a Dazio. Dopo un tornante sinistrorso ed un secondo destrorso, ci attende un lungo tratto in salita verso nord-est. Dopo circa due chilometri e mezzo e prima che la strada cominci a piegare a sinistra per avvicinarsi al solco della val Toate, prestiamo attenzione sul lato sinistro: vedremo un cartello che segnala la partenza di una stradina che sale verso Cerido, dove termina.
Una rocca. Foto di M. Dei CasVale però la pena spendere tre quarti d'ora per salire a piedi, partendo da Campovico. Per raggiungere il paese, imbocchiamo la strada che sale a Dazio ma, al primo tornante sinistrorso, invece di proseguire in salita, abbandoniamola sulla destra, scendendo al ponte di Ganda e proseguendo, lasciato il ponte alla nostra destra, fino a Campovico (m. 235). Saliamo verso la ben visibile chiesa e lasciamo l'automobile nel comodo parcheggio presso il cimitero sottostante. Raggiunto il sagrato della chiesa, vedremo una stradina, nel primo tratto asfaltata, che sale con diversi tornanti sul fianco montuoso, fino al bel borgo di Cermeledo (m. 461). Da qui saliamo alla strada asfaltata che si dirige a Dazio e scendiamo per un tratto, verso sinistra, fino ad incontrare, sulla nostra destra, la deviazione già citata per Cerido.
Raggiunte le case di Cerido, vedremo facilmente un cartello che ci indirizza al Torchio di Cerido. Nei giorni di giovedì e domenica, dalle 15.00 alle 17.00, potremo visitare questo piccolo museo della civiltà contadina, nato dalla donazione, fatta al Comune di Morbegno da Alberti Armando e dai fratelli Margnelli, di un torchio vinario e di un frantoio oleario del secolo XVII (funzionanti fino agli anni '40 del secolo scorso), cui si sono aggiunti altri interessanti oggetti della vita contadina nei secoli passati (gerli, tini e tinozze, stadere, irroratori, mazze, stai, ceste, pentole, lampade, borracce, cappelli, e così via). La gentile signora Amelia Margnelli si renderà, poi, disponibile a fornire notizie interessanti su questi strumenti che rappresentavano, nell'economia contadina, risorse essenziali in una zona nella quale la viticoltura si è sempre avvalsa di un'ottima esposizione al sole. Un irroratore. Foto di M. Dei CasNel caso in cui la visita sia in comitiva è bene telefonare allo 0342 611342.
Terminata questa suggestiva immersione nel passato, possiamo continuare a respirare il profumo di questa terra impregnata di sole e di silenzi antichi salendo ancora, lungo il sentiero che, attraversato un bel bosco, conduce alla strada asfaltata che congiunge Vallate a Serone (dove si trova il municipio del comune di Civo). Se, infine, abbiamo ancora un paio d'ore a disposizione, possiamo approfittare dell'occasione per salire a visitare le bellissime chiese di Roncaglia e Caspano, scendendo poi da Caspano, attraversa Cadelsasso e Cadelpicco, a Dazio e, da qui, a Campovico.

 

ILLUSTRAZIONE FASI DELLA TORCHIATURA

La torchiatura inizia facendo ruotare la vite mediante aste inserite in fori della stessa, in modo che un'estremità del fascio di travi giunga alla sommità della vite stessa.


Vengono inseriti travetti nella fessura A ricavata nella prima piantana dell'incastellatura; si fa ora ruotare la vite in senso inverso fino a portare la trave in posizione orizzontale, sostenuta da travetti e dalla vite. Sul pianale vengono sistemate le vinacce su cui verranno poi poste delle tavole per ottenere una pigiatura omogenea.

Invertendo nuovamente il senso di rotazione della vite si fa salire l'estremità della trave che perciò non appoggiano più sui travetti; questi verranno perciò rimossi ed inseriti nella fessura B situata nelle seconde piantane, al di sopra del fascio di travi per impedirne che l'estremità si alzi nella fase successiva.

Si inverte per la quarta volta il senso di rotazione della vite, ottenendo l'abbassamento dell'estremità della trave che scendendo, essendo incernierate dai travetti in B, comincia a premere sulle vinacce. Quando queste saranno notevolmente compresse impediranno alla trave di abbassarsi ulteriormente e perciò, continuando a fare girare la vite quest'ultima si alzerà e il grosso masso vincolato ad essa verrà a sua volta sollevato dalla sua sede dando un notevole contributo alla torchiatura.

Località:
Cerido, sopra Morbegno

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Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

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