Il Sentiero del Sole

La traversata retica da Sondrio a Tirano.

 

 

Sapore d'antico in contrada Ca' Paini, a Montagna. Foto di M. Dei Cas Prima semitappa: da Montagna a Prasomaso.
In occasione dell’anno internazionale della montagna (2002) è stato inaugurato, nel mese di maggio, un interessantissimo sentiero (in realtà, un intreccio di molteplici sentieri) che permette di effettuare una traversata integrale, a quote medio-alte (in buona parte comprese fra 1000 e 1300 metri), del versante retico compreso fra Sondrio e Tirano. Il percorso, che nasce dall’iniziativa del CAI di Ponte e di quello di Sondrio (ed ha trovato, poi, l’appoggio dei Comuni interessati e delle Comunità Montane di Sondrio e Tirano), è stato denominato “Sentiero del Sole”, per evidenziarne una delle caratteristiche più importanti: la felice esposizione solatia della montagna attraversata lo rende, infatti, percorribile per quasi tutto l’anno, eccezion fatta per quelle poche settimane in cui abbondanti nevicate possono ostruirne parzialmente il tracciato.
Un sentiero perché? Per tanti motivi, primo fra tutti la riscoperta di una sensibilità per quei sentieri di costa medio-alta che hanno rappresentato un elemento di fondamentale importanza nella vita contadina dei secoli passati, e che oggi, a causa dell’incuria, sono spesso minacciati dalla stretta soffocante di un sottobosco disordinato e caotico o dalle ferite di smottamenti di piccole e medie dimensioni.
Tale riscoperta è anche recupero della gioia del camminare puro, nell’abbraccio protettivo o talora anche misterioso di selve e boschi. Infatti il sentiero potrebbe anche chiamarsi “Sentiero dei Boschi”, perché consente un incontro ravvicinato con le dimensioni sempre diverse e sorprendenti dei boschi che costituiscono una ricchezza di incommensurabile valore nel contesto del nostro patrimonio montano, quei boschi dove il sole non è assente, ma non la fa da padrone, e si limita a disegnare suggestivi ricami di luce fra le fronde. Un tuffo nel Medioevo al Castello di Mancapane. Foto di M. Dei CasMa c’è di più: all’uscita dai boschi, incontreremo prati, maggenghi ed alpeggi di grande bellezza, sia per l’amenità dei luoghi, sia per il loro valore panoramico.
Un sentiero per chi? La risposta non è univoca: per buona parte del tracciato, un sentiero per tutti, ma, in alcuni passaggi, un sentiero che richiede quella cautela e quel rispetto che si debbono sempre alla montagna. Quindi, non pensiamo ad una scampagnata di integrale relax, ma, per compiere l’intera traversata, equipaggiamoci adeguatamente, scegliendo le scarpe da trekking più affidabili, evitando i pantaloncini corti e portando con noi, magari, anche l’equipaggiamento di assicurazione alle corde fisse ad anello (in alcuni punti ci tornerà utile).
Se, invece, siamo amanti dell’assoluta tranquillità, scegliamo quei tratti che ci offrono le maggiori garanzie in tal senso. Ma di ciò si dirà nel racconto della camminata, cercando anche di evidenziare le molteplici modalità ed i tempi flessibili con cui si può fruirne.
La relazione è organizzata in sei momenti, che possono costituire altrettante sotto-tappe di una traversata in tre giorni (tempo necessario ad un camminatore medio, mentre buoni camminatori ce la possono fare in due giorni).
In cammino, dunque, partendo dal piano, e precisamente dalla località Trippi (la si raggiunge staccandosi dalla ss. 38, per chi proviene da Tirano, appena prima del passaggio a livello oltre il quale inizia la tangenziale di Sondrio; per chi proviene da Morbegno, invece, si deve lasciare la tangenziale allo svincolo per via Vanoni ed attraversare la città, per portarsi al suo limite orientale). Qui (m. 291), in prossimità di un anfiteatro per rappresentazioni all’aperto, troviamo un parcheggio dove lasciare l’automobile, per cominciare a salire lungo la Sassina, bella mulattiera con fondo in grisc che attraversa i vigneti del Grumello (con un’ottima veduta su Sondrio, Montagna piano e la media Valtellina fino a Teglio), fino al sagrato della chiesa di S. Antonio (m. 414).
L'antico mulino di Ca' Zoia. Foto di M. Dei CasLasciamo alla nostra sinistra la strada che porta al Castello Grumello (ma una visita ai suoi ruderi non comporta un eccessivo ritardo sulla tabella di marcia e rappresenta un’esperienza di sicuro interesse) e proseguiamo, seguendo alcuni segnavia bianco-rossi (i segnavia che ci guideranno lungo l’intera traversata), alla volta del centro di Montagna, paese già nominato come vico montania nel 971 e feudo medievale dei De Capitanei di Sondrio. I segnavia ci guidano fino alla chiesa arcipretale di S. Giorgio (m. 567), edificata nel 1429: sulla sua facciata un dipinto ritrae il santo nella famosa lotta contro il drago. I segnavia ci fanno poi piegare verso sinistra, per raggiungere la bella contrada di Ca’ Paini (m. 622). Dalla contrada un sentierino sale verso San Giovanni e Carnale, ma possiamo anche seguire la strada asfaltata, nella medesima direzione, fino alla contrada di Ca’ Bongiascia (m. 923). Qui lasciamo la strada, per imboccare, presso una fontana, il sentiero che, superato su un ponticello il torrente Davaglione, conduce alla bella radura nella quale è collocato il castello Mancapane (m. 909), che sembra fronteggiare la chiesa di San Giovanni, il cui campanile fa capolino, ad ovest, dai bei boschi che ammantano l’opposto versante della valle. Il castello è di origine medievale (sec. XIII), ed è stato, come gli altri in Valtellina, distrutto nel sec. XVI dai Grigioni. E’ composto da una torre e dalla cinta esterna, con un ingresso posto in alto per ragioni difensive, cui si accedeva mediante una scala retraibile. La sua funzione principale era quella di avvistamento, ma poteva servire anche ad offrire rifugio a persone ed animali. Si tratta, quindi, di un’interessantissima testimonianza storica, anche perché, per la sua struttura, è stato definito il più tipico castello-recinto dell’intero arco alpino.
La chiesetta di Santa Maria Perlungo. Foto di M. Dei CasProseguendo sul sentiero verso est, superiamo, mediante un ponticello, una seconda vallecola, passiamo proprio accanto al Mulino di Ca’ Zoia (altra interessante, anche se più modesta, struttura che ci parla del passato di questi monti) e raggiungiamo la frazione Ca’ Zoia (m. 904), dalla quale, in breve, intercettiamo la strada che da Montagna sale verso l’alpe Mara. Seguiamo per un tratto la strada asfaltata, superando la chiesetta di Santa Maria Perlungo (o Perlongo, m. 915, edificata nella località in cui venne scoperta una lapide nord-etrusca, o retica, a testimonianza dell’antica colonizzazione dei luoghi). Proseguiamo ancora e, al primo tornante sinistrorso, ignoriamo la deviazione, sulla destra, per le Foppe, mentre al successivo tornante destrorso ignoriamo quella, sulla sinistra, per san Giovanni. Raggiungiamo così un secondo tornante sinistrorso, dal quale si stacca, verso destra, una carrozzabile sterrata, in corrispondenza di un cartello che indica il Sentiero del Sole, a quota 1100 metri circa.
Seguendo i segnavia, ne percorriamo un tratto, staccandocene poi, sulla destra (la strada prosegue per Nesarolo), ed inoltrandoci nell’ombroso e roccioso cuore della val Rogneda, fino ad un ponticello, che ci permette di attraversare l’omonimo torrente, a circa 1350 metri di quota. Sull’altro lato della valle ci attende un breve tratto che sale, ripido, con traccia labile, verso nord (sinistra), fino ad intercettare un sentiero più tranquillo, che attraversa, perdendo molto gradualmente quota, una bella pineta e conduce fino alla località di Prasomaso, in corrispondenza dell’ex sanatorio Umberto I. Dobbiamo ignorare le piste che tagliano il sentiero, il quale corre sul limite superiore del recinto dell’ex Sanatorio, fino a sbucare ad un tornante destrorso (per chi scende) della strada asfaltata che da Prasomaso sale verso Boirolo, poco al di sotto di quota 1230 metri.
Un ponticello aiuta a superare un passaggio un po' ostico nel cuore della Val Rogneda. Foto di M. Dei CasDalla strada, in caso di necessità, è possibile scendere a Tresivio (oppure la si può sfruttare per chiudere un lungo anello a piedi: lasciando l’automobile a Montagna, si può seguire il percorso fin qui descritto, per poi scendere a Tresivio, sfruttando le scorciatoie che tagliano diversi tornanti, e ritornare, infine, al punto di partenza seguendo la strada panoramica nel tratto Tresivio-Montagna; questo anello richiede circa sei ore di cammino). Se invece decidiamo di proseguire sul Sentiero del Sole, possiamo considerare conclusa qui la prima semitappa: siamo in cammino, infatti, da circa quattro ore ed abbiamo superato un dislivello in salita di circa 1050 metri, per cui una sosta che spezzi questa prima giornata di cammino si impone.
Teniamo però presente, per concludere, che se il dislivello ci spaventa ma non vogliamo rinunciare alla traversata, nulla ci vieta di salire con l’automobile da Montagna fino a quota 1100, imboccando, poi, a piedi il sentiero per Prasomaso. In questo caso il dislivello si riduce drasticamente a circa 250 metri, ed il tempo necessario a circa un’ora.
Per poseguire nel cammino sul sentiero, apri la presentazione della seconda semitappa.

Difficoltà
E (escursionistica)
Dislivello
mt. 1050
Tempo
4 h
Cartina Kompass n. 93 (Bernina-Sondrio), settore B7
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

Alla fresca ombra degli abeti nel primo tratto del sentiero che si inoltra nella val di Rhon. Foto di M. Dei Cas Seconda semitappa: da a Prasomaso a San Bernardo.
Ed eccoci, ritemprati dalla pausa ristoratrice, pronti per la seconda semitappa, che ha come meta San Bernardo di Ponte, dove si chiude la prima giornata del Sentiero del Sole (nell’ipotesi di una tre giorni; una due giorni, invece, deve concludersi più avanti, al rifugio Erler di Val Fontana). In questo tratto, come nei diversi successivi, avremo modo di apprezzare l’eccellente lavoro di pulizia, attrezzatura ed anche scalinatura effettuato dalle circa 600 persone coinvolte nella lodevole attività di volontariato che, sotto il coordinamento del CAI, ha reso possibile il varo di questa lunga traversata.
A pochi metri di distanza dal punto di arrivo, leggermente più in basso, sulla strada Prasomaso-Boirolo, il sentiero riparte, percorrendo per un breve tratto una pista che sale nel bosco (qui, come lungo tutto il tracciato, uno sguardo attento alla ricerca dei segnavia bianco-rossi ci evita errori). Dopo una breve e ripida salita, ci stacchiamo sulla destra dalla pista per imboccare un bel sentiero, che inizia una lunga traversata lungo il fianco occidentale della valle di Rhon.
Procediamo all’ombra tranquilla di un bel bosco di abeti, ma, quando tutto sembra far presagire un cammino di assoluto riposo, alcuni passaggi ostici ci impongono cautela ed attenzione. Innanzitutto l’attraversamento di un vallone occupato da materiale franoso: qui dobbiamo procedere piano, perché il terreno tende a cedere sotto i nostri piedi, anche se la pendenza del vallone non è tale da mettere davvero paura. Poco oltre, è un valloncello ben più modesto ma con un passaggio esposto ad imporci una rinnovata attenzione. La bassa val di Rhon vista dal sentiero. Foto di M. Dei CasAvanti, ancora, fino ad una fascia di roccette un po’ esposte: qui le corde fisse ci aiutano a superare in sicurezza anche questo passaggio. Possiamo quindi metterci in una disposizione d’animo più tranquilla: non ci sono ulteriori passaggi ostici, e qualche bello squarcio panoramico che il sentiero ci regala sulla bassa val di Rhon allieta ulteriormente il nostro spirito. La valle è una delle meno conosciute e frequentate del versante retico della media Valtellina, anche se, nella sua parte alta, costituisce il punto di passaggio obbligato per gli scalatori che si pongono come meta la vetta di Rhon (m. 3136).
Torniamo al nostro percorso, che improvvisamente piega a destra ed inizia una ripida discesa, con alcuni tornanti, sul largo dosso di Len, alla volta del più alto gruppo di baite della bassa val di Rhon. Raggiungiamo, così, il prato delle baite, a quota 1090, e ne attraversiamo la parte alta, passando proprio davanti a queste silenziose testimoni di un passato che sembra assopito più che morto. Lasciato il prato, riprendiamo a scendere su una mulattiera più larga, che si fa pista sterrata, fino a raggiungere il punto in cui possiamo guadare il torrente Rhon. Sul lato opposto ci immettiamo in una seconda pista, che seguiamo per un breve tratto in discesa, finchè, in corrispondenza di due nuove baite, scorgiamo, sulla nostra sinistra, il segnavia che segnala il punto di ripartenza del sentiero, che sale ora sul fianco orientale della valle. Ci siamo abbassati, così, di circa 250 metri rispetto al punto di partenza (siamo ad una quota approssimativa di 990 metri), ed ora dobbiamo riguadagnarne altrettanti prima di giungere alla meta, l’agriturismo “Al Tiglio”, posto alla sommità dei prati di San Bernardo.
Le corde fisse ci aiutano a superare qualche roccetta un po' ostica. Foto di M. Dei CasPrima di raccontare la seconda parte di questa semitappa, due incisi: il primo per segnalare che, seguendo l’una o l’altra delle piste menzionate, possiamo riguadagnare, in caso di necessità, il fondovalle (la seconda, sul lato est della valle, raggiunge la strada che da Ponte in Valtellina sale verso la Val Fontana o San Bernardo); il secondo per far presente che chi volesse evitare i passaggi ostici sopra descritti, potrebbe chiudere la prima giornata del Sentiero scendendo a Tresivio, per poi riprendere il cammino, il secondo giorno, proprio dalle baite della bassa val di Rhon, salendo dalla pista sterrata di cui parliamo, oppure direttamente da San Bernardo.
Ma torniamo a noi. Il sentiero comincia a salire, con qualche strappo un po’ faticoso. In un passaggino su roccia leggermente esposto ritroviamo un opportuno corrimano metallico. Alla fine ci ritroviamo su una pista che conduce alla località Brizzot, poco sotto San Bernardo, all’ombra di un bellissimo bosco di conifere. Non dobbiamo però seguirla interamente, ma prestare attenzione al segnavia che, nei pressi di una fontanella, ci indica un sentiero che se ne stacca sulla sinistra e sale nel bosco, intercettando ben presto una mulattiera più larga. Salendo, troviamo anche un piolo di legno con i colori bianco-rossi, separati da un rombo nero, e la sigla del CAI. La ripida salita ci fa passare alla sinistra del vecchio edificio della Latteria. Oltre le baite più alte della bassa val di Rhon, il sentiero riprende. Foto di M. Dei CasPiù in alto ancora, ignorate alcune deviazioni laterali, raggiungiamo una fontana ed una strada sterrata che sale fino al punto più alto dei prati di San Bernardo, a quota 1286 metri circa. Qui troviamo, sotto l’edificio di un ex albergo (ora chiuso), l’agriturismo Al Tiglio, aperto dal 15 giugno al 15 settembre (e, nei finesettimana, tutto l’anno; telefonare, per prenotazioni, al 338 2163177), presso il quale possiamo pernottare (l’agriturismo dispone, infatti, di una struttura che può ospitare sei persone).
Questa seconda semitappa, che prevede un dislivello in salita di circa 300 metri, richiede un’ora e mezza-due di cammino. Chi se la sentisse, può, tuttavia, con circa due ore e mezza di ulteriore marcia, puntare in direzione della Val Fontana, percorrendo il sentiero che conduce a Sant’Antonio, per poi salire al Rifugio caserma Gruppo A.N.A. (o rifugio Erler) in località Campello. Chi, infine, dovesse tornare al piano, può seguire la strada asfaltata che si immette nella strada provinciale Panoramica dei Castelli a monte di Ponte in Valtellina.
Prima del meritato riposo, non perdiamo l’occasione di visitare i prati di San Bernardo, magari percorrendo l’itinerario botanico che ci permette di acquisire una migliore conoscenza di numerose specie di erbe ed alberi. Incontreremo, sul nostro cammino, anche la bella chiesetta di San Bernardo, poco distante dal tracciato del Sentiero del Sole.
Le corde fisse ci aiutano a superare qualche roccetta un po' ostica. Foto di M. Dei CasUna segnalazione, infine: con circa sette ore di cammino si può percorrere un bell’anello che parte dalla strada sterrata per la val di Rhon (che si stacca, sulla sinistra, segnalata dal cartello “Rhon”, da quella che sale verso la Val Fontana o San Bernardo), raggiunge le due baite menzionate, percorre il Sentiero del Sole fino a San Bernardo, prosegue sul medesimo sentiero fino a Sant’Antonio in Val Fontana, da qui scende, sulla strada asfaltata, al bivio San Bernardo-Val Fontana (presso l’interessantissima chiesetta di san Rocco), per tornare, infine, al punto di partenza.
Per proseguire nel cammino del Sentiero del Sole, apri la relazione sulla terza semitappa (seconda giornata).

Difficoltà
E (escursionistica)
Dislivello
mt. 300
Tempo
2 h
Cartina Kompass n. 93 (Bernina-Sondrio), settore B-C7
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

Il sentiero che da San Bernardo porta in Val Fontana. Foto di M. Dei Cas Terza semitappa: da San Bernardo a Sant'Antonio.
Terza semitappa, ed inizio della seconda giornata di cammino. Proprio di fronte all’agriturismo “Al Tiglio”, dove termina la strada asfaltata che sale da Ponte, partono due piste sterrate, una verso sinistra, l’altra verso destra.
Seguendo quest’ultima (indicazioni per la Val Fontana), cominciamo a salire per un breve tratto, fino al primo tornate destrorso, dove la lasciamo per imboccare il sentiero, segnalato dagli ormai familiari segnavia bianco-rossi, e cominciamo una lunga diagonale che ci porta sul fianco orientale della bassa Val Fontana. Questa è l’ultima delle grandi valli retiche della media Valtellina, e non è priva di molteplici motivi di interesse escursionistico. Il Sentiero del Sole, nella seconda giornata, ne raggiunge il fondovalle, in località S. Antonio, per poi risalire, sul fianco opposto, fino a Dàlico.
Il cammino verso la Val Fontana è tranquillo e si snoda su un bel sentiero, che possiamo suddividere in due grandi sezioni. L'ultimo tratto del sentiero che da San Bernardo porta in Val Fontana. Foto di M. Dei CasLa prima ci fa guadagnare progressivamente quota, all’ombra di un bellissimo bosco di conifere, superando la laterale val del Rio e raggiungendo, senza strappi particolarmente faticosi, i 1510 metri; la seconda è, invece, caratterizzata da una discesa, inizialmente graduale, poi, per un breve tratto, assai ripida. Siamo ormai entrati in Val Fontana, e ne possiamo scorgere il fianco orientale ed alcuni tratti di fondovalle.
Dopo una serie di ripidi tornantini, riprendiamo una discesa più tranquilla, sempre nel verde di un bel bosco. Il sentiero si fa più largo e, ignorata una deviazione sulla sinistra che sale alla baita dell’Alpe Fiorinale (sul versante meridionale della laterale val Finale), ci porta ad una pista sterrata che costeggia il torrente di Val Fontana, sul lato occidentale. Invece di seguirla, portiamoci sul limite del greto e, guardando a monte, individuiamo il ponticello che ci permette di passare sulla sponda opposta. Valicato l’argine, seguiamo, scendendo (verso destra), una pista gemella, fino a ricongiungerci, in breve, con la strada asfaltata che risale la valle, partendo dal bivio San Bernardo-Val Fontana, sopra Ponte in Valtellina. Il ponticello sul torrente di Val Fontana, a S. Antonio. Foto di M. Dei CasAbbiamo raggiunto, in circa un’ora e mezza di cammino ed anche meno (nonostante il cartello, a San Bernardo, indichi due ore), l’abitato di S. Antonio (m. 1250), con una traversata che comporta il superamento di circa 230 metri di dislivello in salita.
La traversata avviene pressoché interamente all’ombra di boschi che mostrano volti diversi e differenti sfumature nei giochi di luce e di colori. Per gli amanti di questi scenari e di queste atmosfere, una gioia da non perdere, nel periodo estivo ed ancor più in quello autunnale.
A S. Antonio si può giungere anche in automobile, come già accennato: partendo dal bivio San Bernardo-Val Fontana (presso la bella chiesetta trecentesca di San Rocco), la strada, che giunge fin qui staccandosi dalla panoramica dei Castelli sopra Ponte in Valtellina, sale per un buon tratto sul versante occidentale della valle, superando la valle del Rio, le baite della Piana (m. 838), quelle di Cevo (m. 1026) ed il ponte di Premelè (m. 1046, ad 8 km da Ponte in Valtellina), che la porta sul lato orientale. A circa 2 km dal ponte si trova S. Antonio, La chiesetta di S. Antonio. Foto di M. Dei Cascostituito da un gruppo di baite raccolte intorno ad alcuni bei prati e ad una piccola e graziosa chiesetta (che si trova un po’ più in basso rispetto al punto che raggiungiamo percorrendo il Sentiero del Sole).
La bassa Val Fontana è caratterizzata dal susseguirsi di pascoli che testimoniano la vitalità dell’attività zootecnica e pastorale nei tempi passati, attività che si integrava con quella vitivinicola a quote più basse. E’ interessante ricordare anche l’attività estrattiva, nella zona del Ponte di Premelè, nella seconda metà dell’Ottocento: vi si estraeva galena di piombo, che veniva poi fusa a Chiuro per ricavarne il metallo.
Due chilometri oltre S. Antonio si trova la località Campello, dove una ex-caserma della Guardia di Finanza (m. 1400), intitolata al Finanziere Massimiliano Erler, è stata ora riadattata a rifugio alpino, a cura del gruppo A.N.A. di Ponte. Per chi percorre il Sentiero del Sole in due giorni, è questo il necessario punto di appoggio, che si raggiunge con mezzora di camminata supplementare da S. Antonio. E’ necessario però prenotare il pernottamento telefonando al sig. Andrea Picceni, della sezione A.N.A., allo 0342 482570.
Alcune case di S. Antonio. Foto di M. Dei CasLa presenza di una caserma della Guardia di Finanza in questi luoghi non deve stupire: anche la Val Fontana era interessata, in un passato non troppo lontano, dall’attività del contrabbando con la vicina Svizzera, al cui territorio (e precisamente alla Valle di Poschiavo) si può accedere sfruttando i passi di Malgina (m. 2619) e di Arasè (m. 2602), nelle laterali valli di Malgina e dei Laghi, oppure la bocchetta di Vartegna (m. 2588), nella testata settentrionale della Valle. Per proseguire nel cammino del Sentiero del Sole, apri la relazione sulla quarta semitappa.

Difficoltà
T (turistica)
Dislivello
mt. 230
Tempo
1 h e 30 min
Cartina Kompass n. 93 (Bernina-Sondrio), settore C7
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

Il bellissimo bosco di larici che precede Dàlico. Foto di M. Dei Cas Quarta semitappa: da Sant'Antonio alla Piana.
Quarta tappa e conclusione della seconda giornata di cammino: lasciamo la Val Fontana e ci riaffacciamo sul versante retico della media Valtellina, raggiungendo l’alpeggio di Dàlico, ai piedi della splendida Costa di San Gaetano, e la costa che si stende fra Teglio e Prato Valentino. Si tratta di una semitappa del tutto tranquilla, anche se alcuni passaggi del sentiero che sale da S. Antonio a Dàlico sono, nel periodo estivo, ostruiti da erbacce e qualche ortica ci farebbe pagare un prezzo…scottante per la gioia di camminare in pantaloncini corti. In questi tratti, nei quali la visuale del terreno su cui poseremo i piedi è nascosta, è buona norma, anche, procedere, letteralmente, con i piedi di piombo, cioè con passo pesante, battendo, con un bastone o una racchetta, il terreno stesso, per evitare incontri ravvicinati con qualche serpe, che sarebbero spiacevoli per entrambe le parti.
Ma facciamo qualche passo indietro: il sentiero che giunge da San Bernardo tocca la strada asfaltata in corrispondenza di una curva destrorsa (per chi sale), dove è collocato anche un cartello che segna le possibili mete escursionistiche a partire da S. Antonio. Incamminiamoci, dunque, sulla strada stessa, risalendo il paesino, fino a superare l’ultima casa. Appena prima della semicurva a destra che la strada effettua lasciandosi alle spalle il paesino, troviamo, sulla destra, l’indicazione del punto in cui parte il sentiero per Dàlico.
La pista che conduce alla strada sterrata che sale a San Gaetano. Foto di M. Dei CasNel primo tratto esso passa a monte di alcuni prati. Ignorata una deviazione a sinistra, ci ritroviamo, poi, sul corpo di una frana, che attraversiamo agevolmente, per risalire, con strette serpentine in direzione sud-est, un dosso erboso che costituisce lo sbocco della laterale val Frassino. Il sentiero riprende poi un andamento meno ripido e riassume l’originaria direzione sud (destra), procedendo nel cuore di alcuni boschi che, a tratti, immergono l’escursionista in un’atmosfera magica, sospesa, irreale. Stiamo, oltretutto, percorrendo due sentieri in uno, perché da S. Antonio fino quasi a Dolico il Sentiero del Sole coincide con il Sentiero Italia (sezione Valmalenco-Val di Togno-Val Fontana-Tirano) che, scendendo dall’alta Val Fontana (e precisamente dal rifugio Cederna-Maffina), si dirige verso Prato Valentino e di qui al versante montuoso sotto il passo del Mèden. Camminiamo, dunque, in tutta tranquillità, attraversando un paio di piccoli corsi d’acqua laterali ed ignorando alcune deviazioni che salgono alla nostra sinistra.
Quando ormai si vede bene, davanti a noi, il lungo dosso che scende dalla Costa di San Gaetano, in un tratto nel bosco il Sentiero Italia ci lascia: la deviazione, alla nostra sinistra, è segnalata da due grandi bandierine rosso-bianco-rosse disegnate su un masso, e porta, sfruttando un sentierino per la verità assai malagevole e ben poco visibile, nei pressi della chiesetta do San Gaetano.
Noi, invece, proseguiamo sul sentiero principale che, improvvisamente, sbuca in un bel prato, dove spesso, d’estate, i cacciatori falciano l’erba per farne pastura per gli ungulati. Questo è l’unico osservatorio dal quale, gettando lo sguardo verso nord, possiamo scorgere, anche se solo in parte, la testata che chiude la Val Fontana. La chiesetta di San Gaetano. Foto di M. Dei CasProseguiamo ancora, in uno splendido bosco di larici, fino ad un’incantevole radura terminale, dove una panchina attende il nostro temporaneo riposo. Appena oltre la radura, ecco le prime belle baite della parte alta dei prati di Dàlico. Il cartello a S. Antonio indica due ore per giungere fin qui, ma un’ora e mezza di cammino a passo discreto è sufficiente. Una breve pista ci porta ad intercettare la strada sterrata che sale dalla parte bassa dei prati (a loro volta facilmente raggiungibili, su strada asfaltata, da Castionetto di Chiuro; tale strada, superata la contrada Maffina, passa accanto alla bella torre di cationetto, a m. 689 – sulla sinistra, per chi sale -, già appartenuta alla famiglia Quadrio). Davanti a noi, in direzione est, vediamo già i bei prati di Verdomana, successiva meta del Sentiero.
Siamo a quota 1470 metri circa, ed il sentiero prosegue non seguendo la strada sterrata, ma la mulattiera che taglia in diagonale i prati dell’alpe. Ripresa la strada più a monte, la lasciamo di nuovo, seguendo i segnavia che ci fanno tagliare un nuovo prato (questa volta senza evidente traccia di sentiero), fino a raggiungere un sentierino che corre, quasi piano, in un bel bosco. Vale però la pena effettuare un breve fuori-programma di mezzora circa: invece di lasciare la strada per tagliare quest’ultimo prato, seguiamola fino a raggiungere, a quota 1550, la gentile chiesetta di San Gaetano. Potremo, fra l’altro, approfittare della vicina fontana, nel caso scarseggiasse l’acqua.
Torniamo sui nostri passi, al punto in cui dobbiamo lasciare la strada sterrata: attraversato il prato, percorriamo il prato, fino a raggiungere, presso una baita, una pista sterrata che sale da destra. Se dovessimo avere difficoltà a trovare l’itinerario sin qui descritto, potremmo quindi sfruttare questa seconda possibilità, cioè scendere sulla strada sterrata verso la parte bassa di Dàlico, abbandonandola, però, alla prima deviazione a sinistra, seguendo la pista che porta alla baita suddetta. La val Rogna si infiamma dei colori dell'autunno. Foto di M. Dei CasIl sentiero, dalla baita, prosegue in direzione del cuore della val Rogna che, a dispetto del nome, non ha nulla di inquietante o di nefasto. Si tratta, infatti, della più gentile fra le valli attraversate dal Sentiero del Sole. Il percorso è quasi pianeggiante, e si snoda ad una quota che si aggira intorno ai 1520 metri.
Attraversato il piccolo corso d’acqua della valle, ci incamminiamo sul versante opposto, dove troviamo subito una pista sterrata che, oltrepassate alcune baite, porta, in breve, ai bellissimi prati della località Verdomana (m. 1521), dove ci troviamo di fronte ad un bivio, con un cartello che ci conferma di essere sul Sentiero del Sole.
Alla nostra sinistra una pista attraversa i prati dell’alpe e, tagliando a destra (ignorata una deviazione a sinistra), sale ripida fino ad intercettare l’ultimo tornante destrorso (per chi sale) della strada asfaltata che da Teglio porta a Prato Valentino (intorno a quota 1600, nei pressi di una fontana): possiamo sfruttarla se decidiamo di pernottare al ristorante-rifugio Baita del Sole (m. 1740), che raggiungiamo percorrendo l’ultimo tratto sulla strada asfaltata, fino al limite dei prati, poco oltre la chiesetta dedicata al santo. Qui possiamo pernottare, prenotando al numero 0342 780140. Se, invece, vogliamo rimanere sul tracciato del Sentiero del Sole, al bivio di cui sopra dobbiamo prendere a destra, percorrendo una ripida pista che scende ad un tornante destrorso (sempre per chi sale) della medesima strada Teglio-Prato Valentino, in corrispondenza di un cartello che segnala la Baita del Sole (m. 1272). Dobbiamo, ora, seguire per un buon tratto la strada in discesa, fino ad incontrare una deviazione, sulla sinistra, per la località La Piana, dove si trova l’agriturismo omonimo (m. 1260). Verdomana. Foto di M. Dei CasPer essere precisi, il Sentiero del Sole si stacca dalla strada un po’ più a monte, in corrispondenza di alcune baite, ma poi confluisce con la strada sterrata che porta all’agriturismo La Piana.
Qui possiamo pernottare, prenotando al numero 389 6779933 e tenendo presente che la struttura dispone di tre camerette con letto matrimoniale, è sempre aperta nel periodo compreso fra il primo luglio ed il 15 di settembre e nel resto dell’anno durante i finesettimana.
Siamo in cammino da circa tre ore ed abbiamo superato, in salita, un dislivello approssimativo di 300 metri. Questa semitappa del Sentiero del Sole è forse la più rilassante e paesaggisticamente pregevole: durante l’autunno, in particolare, può regalare suggestioni cromatiche incomparabili.
Per proseguire nel cammino del Sentiero del Sole, apri la relazione sulla quinta semitappa.

Difficoltà
T (turistica)
Dislivello
mt. 300
Tempo
3 h
Cartina Kompass n. 93 (Bernina-Sondrio), settore C-D7
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

Scenari suggestivi poco oltre La Piana. Foto di M. Dei Cas Quinta semitappa: dalla Piana a Bratta.
Eccoci, dunque, di nuovo in cammino, per questa quinta semitappa che, partendo dall’agriturismo “La Piana”, apre la terza ed ultima giornata di marcia sul Sentiero del Sole. Anche questa semitappa non comporta alcun problema, e riserva pregevoli scorci paesaggistici, per la gioia degli occhi più esigenti.
Proseguendo oltre l’agriturismo sulla medesima pista sterrata che ci ha permesso di raggiungerla, saliamo fino a circa quota 1300, fino ad una svolta a destra, in corrispondenza della quale la pista comincia a scendere. Il sentiero, però, segue una direttrice un po’ più breve: presso un paio di baite che si incontrano sulla destra, a lato della pista, taglia deciso i prati sottostanti e, dopo un breve tratto nel bosco, intercetta la pista più in basso.
Effettuiamo una svolta a sinistra e, superata una baita a lato della pista, scendiamo fino al successivo tornante destrorso: qui, invece di proseguire nella discesa, ci stacchiamo dalla pista, sulla sinistra, in corrispondenza di una fontana, per seguirne un’altra che ci porta verso il cuore della valle di Boalzo, che separa gli alpeggi sopra Teglio da quelli sopra Bianzone. Dopo un tratto sulla pista, ce ne stacchiamo alla prima deviazione a destra, che scende al torrente della valle, presso la località del Dosso (m. 1273).
Una baita su un poggio panoramico che si incontra scendendo verso la valle di Bianzone. Foto di M. Dei CasUna pista più stretta prosegue sul versante opposto, cioè di nord-est, della valle, effettuando un lungo traverso che la porta ad intercettare, intorno a quota 1100, la strada sterrata che da Piazzeda, frazione di Bianzone, sale verso gli alpeggi di Nemina bassa, di mezzo ed alta. In breve, seguendo in discesa la strada, raggiungiamo il bel paesino di Piazzeda (m. 894), dove ci accoglie l’edificio della Scuola Elementare (ora, ovviamente, chiusa), che testimonia la vivacità di questo centro negli scorsi decenni.
Prima di proseguire nel cammino, scendiamo a visitare la bella chiesetta, intorno alla quale si raccoglie il nucleo più antico delle baite. Una fresca fontana potrà anche tornarci utile, se siamo a corto d’acqua. Torniamo un po’ più a monte e lasciamo la strada asfaltata, che sale da Bianzone, staccandocene sulla destra e seguendo una pista che, dopo un breve tratto, termina, per lasciar posto ad un sentiero.
Si tratta del sentiero che, attraversando la valle di Bianzone, raggiunge il maggengo gemello di Bratta, sul suo lato opposto e sempre in comune di Bianzone. La valle di Bianzone ha un cuore ombroso ed un po’ inquietante, ma l’attrezzatura del sentiero ci aiuta ad affrontarlo con animo più sereno. In molti punti il sentiero, infatti, è pregevolmente scalinato, e nei punti esposti le corde fisse offrono la necessaria sicurezza. Superiamo così, dopo un primo traverso, la valle delle Gande, per poi raggiungere il solco principale della valle, a quota 861. La chiesetta di Piazzeda. Foto di M. Dei CasAttraversato il torrente, dobbiamo sormontare l’aspro fianco di uno speroncino roccioso, aiutati dalle corde fisse, per poi guadagnare gradualmente luoghi più tranquilli, in un bel bosco di castagni, anche se un paio di altri passaggi, resi più insidiosi da microsmottamenti del terreno, sono serviti da corde fisse. Alcuni ruderi di baite, ancora imponenti nel loro orgoglio ferito, annunciano che il maggengo di Bratta non è lontano.
Sbuchiamo, infatti, alle baite più occidentali del paesino, a quota 973, e da qui scendiamo alla strada asfaltata che sale a Bratta da Bianzone, appena sotto il primo cimitero e le baite della contrada Valbuzzi.
Termina qui, dopo circa due ore di cammino, questa quinta semitappa, la meno impegnativa, fisicamente, perché il dislivello da superare, in salita, è, approssimativamente, di 160 metri.
Possiamo approfittare della freschezza fisica per visitare la bella chiesetta di San Bernardo di Bratta, che raggiungiamo salendo sulla strada principale, a 1043 metri. Si tratta di una chiesetta dedicata ai santi Antonio e Bernardo, già citata dal vescovo Ninguarda, nella sua visita pastorale in Valtellina del 1589, ed edificata sicuramente qualche secolo prima. Possiamo anche proseguire alla volta dei prati di Palfrè, ottimo balcone panoramico sulla catena orobica.
Le corde fisse ci assistono in qualche passaggio impegnativo sul sentiero Piazzeda-Bratta. Foto di M. Dei CasBratta è anche il punto di partenza di un bellissimo anello escursionistico, che vale la pena di raccontare. Saliamo, seguendo la strada sterrata e superando Palfrè, fino al suo termine, cioè alle baite di Campione, a 1634 metri. Qui imbocchiamo la pista che parte da una piazzola adibita a parcheggio, e, ad un bivio, prendiamo a destra, raggiungendo una bella radura, che attraversiamo verso destra, fino a trovare la partenza di un sentiero che sale nel bosco in direzione est-sud-est, fino ad una bella pianeta. Qui svoltiamo a sinistra e saliamo, decisi, verso nord, in un bel bosco di larici. Raggiunti i prati più alti, proseguiamo tagliandoli verso il limite alto, fino a sormontare il limite della fascia boschiva ed a guadagnare il limite inferiore dei dossi erbosi dei laghetti (vi si trovano, infatti, in alcuni momenti dell’anno, dei piccoli specchi d’acqua).
Salendo a vista, giungiamo ad intercettare il Sentiero Italia che, aggirato il fianco del pizzo Cancano, scende verso le baite dell’alpe Frantelone e di qui all’alpe Lughina. Seguiamolo in direzione opposta, cioè verso sinistra, fin sotto l’evidente e facile sella del Colle (o Collo) d’Anzana (m. 2224), passo per il quale si accede alla val Saiento, in territorio svizzero.
La chiesetta di San Bernardo a Bratta. Foto di M. Dei CasSeguendo le indicazioni di un cartello, proseguiamo per un tratto, fino a trovare la deviazione che lascia il sentiero sulla sinistra. Imbocchiamola e, con un’elegante discesa, tocchiamo gli alpeggi di Nemina alta (m. 1745), Nemina di mezzo (m. 1571) e Nemina bassa (m. 1338), luoghi veramente splendidi. Da Nemina bassa, su una comoda pista, scendiamo a Piazzeda, per poi tornare, sfruttando il tratto del Sentiero del Sole sopra descritto, a Bratta. Si tratta di un anello veramente interessante, che comporta un dislivello di circa 1100 metri e circa sei ore di cammino.
Ma torniamo al Sentiero del Sole: per concluderne il cammino, apri la relazione sulla sesta ed ultima semitappa.

Difficoltà
E (escursionistica)
Dislivello
mt. 160
Tempo
2 h
Cartina Kompass n. 93 (Bernina-Sondrio), settore D7
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

Il bosco nel tratto Bratta-Stavello. Foto di M. Dei Cas Sesta semitappa: da Bratta alla Madonna di Tirano.
Sesta ed ultima semitappa: la grande traversata retica si conclude, percorrendo un ultimo tratto nei boschi sopra Villa di Tirano ed effettuando una lunga discesa che termina al santuario della Madonna di Tirano.
Partiamo, dunque, dal piccolo cimitero di Bratta: poco oltre troviamo, su una baita, l’indicazione della contrada Valbuzzi. Saliamo ancora per un tratto, lungo la strada asfaltata, fino al tornante destrorso: qui ce ne stacchiamo, sulla destra, seguendo un tratturo con fondo in cemento, che sale fra alcune baite, che fanno sempre parte della contrada Valbuzzi (m. 1038), dove troviamo anche una fontana, nel caso fossimo a corto di acqua. Proseguiamo salendo diritti: al fondo in cemento si sostituisce quello in erba, quando passiamo di fronte alla baita della località Bongetti (m. 1122).
Poi, dopo aver goduto di un ottimo scorcio su Tirano, entriamo all’ombra di un bel bosco: oltrepassata una croce, la pista prosegue ancora per un tratto, sempre in direzione nord-est, prima di terminare in una piazzola e lasciare il posto ad un sentiero. Ci addentriamo, così, in un bosco più fitto, nel quale anche il sole più agguerrito fatica a conquistare qualche spiraglio dal quale far balenare le sue lame di luce. La scalinatura che precede di poco il maggengo di Stavello. Foto di M. Dei CasNon ce ne accorgiamo, ma abbiamo superato il confine che separa i comuni di Bianzone e di Villa di Tirano; quello di cui ci accorgiamo è che ci stiamo approssimando al cuore della valle. In un paio di punti le corde fisse ci aiutano a superare con maggiore tranquillità passaggi un po’ esposti in discesa, mentre in un tratto la salinatura agevola notevolmente il nostro passo.
Il cuore della valle, alla fine, si rivela, ma per raggiungerlo dobbiamo affrontare, dopo aver aggirato uno speroncino roccioso, un tratto di discesa piuttosto ostico: una pianta caduta di traverso sul sentiero si rivela, anzichenò, un prezioso ausilio, unitamente alle corde fisse, per diminuire il rischio di scivolare in un piccolo crinale di terra smottata. Alla fine, eccoci nell’umido cuore della valle Maggiore, a circa 1100 metri: attraversato il piccolo corso d’acqua, troviamo ben presto, sull’altro versante, un piccolo strappo, elegantemente scalinato, che ci porta ad intercettare un sentiero che, percorso verso destra, ci porta a luoghi più ameni.
Lo scenario cambia molto rapidamente: dalle ombre inquiete della valle, eccoci ai bei prati che annunciano il maggengo di Stavello. Ancora qualche passo, ed ecco, infatti, le prime baite (m. 1157), superate le quali giungiamo in vista della strada sterrata, che sale al maggengo dalla frazione Ragno di Villa di Tirano.
Le baite di Piatta. Foto di M. Dei CasSe dobbiamo scendere a Villa, possiamo sfruttare questa strada, o anche, con percorso più diretto, percorrerla per un buon tratto ma lasciarla alla prima pista che se ne stacca, sulla destra, per raggiungere, così, le baite Piazzi, dalle quali una ripida mulattiera cala proprio sul centro del paese, a poca distanza dalla chiesa parrocchiale. Torniamo al Sentiero del Sole, che non percorre la strada sterrata, ma sale in diagonale, tagliandola in un paio di punti, fino ad intercettarla nel punto conclusivo (m. 1200 circa). Qui parte, sulla sinistra, un sentiero che sale ai prati di Sasso Lughina (m. 1418), dai quali, percorrendo verso destra una comoda pista, possiamo raggiungere l’alpe Lughina, sul confine italo-svizzero. Noi, invece, imbocchiamo il sentiero di destra, che, superato il rudere di una baita, sale con un traverso piuttosto ripido, nel cuore di un bosco che mostra le ferite evidenti di un incendio. In questo tratto la scalinatura rende meno faticosa la salita.
Raggiungiamo, così, il punto più alto di questo tratto, a quota 1320 metri circa, per poi aggirare un dosso e cominciare a scendere (il primo tratto della discesa è servito da corde fisse, poiché, pur essendo il sentiero piuttosto largo, è sospeso su uno speroncino dirupato). Raggiunto il cuore di una vallecola, proseguiamo districandoci sul fianco roccioso sovrastante il versante denominato Buco dell’Orso.
La piana di Novaglia. Foto di M. Dei CasIl Sentiero del Sole ha il pregio di farci conoscere tutti i diversi volti del bosco, ameno, fresco, ombroso, inquietante, magico, luminoso. Quest’ultimo tratto ci riserva l’esperienza un po’ desolante dell’incontro con il volto più spettrale del bosco, il volto, oserei dire, cadaverico: qui i segni dell’incendio si moltiplicano, nella vegetazione disordinata e nel moltiplicarsi degli scheletri di albero che sembrano protendere vanamente le braccia impietrite dal dolore che li ha consumati, e ancora li condanna ad una esistenza che sembra sospesa fra la vita e la morte.
E’ solo un breve tratto, perché, improvviso ed inatteso, il muraglione di una strada annuncia che anche questo tratto di sentiero si conclude. Eccoci, infatti, sulla strada militare che dalla frazione Ragno di Villa di Tirano sale all’alpe Lughina, con un andamento estremamente regolare. Siamo ad una quota approssimativa di 1260 metri e, dopo un tratto i discesa, raggiungiamo le baite della località Piatta (m. 1223). E’ solo l’inizio della lunga discesa: oltrepassata Piatta, incontriamo Romaione (m. 1109, a 4 chilometri dalla contrada Ragno) e, un chilometro dopo, la bellissima piana di Novaglia (m. 890), ottimo terrazzo panoramico, dove, sulla prima baita, troviamo anche una bella meridiana. Sul limite inferiore della piana scorgiamo una grande croce che, illuminata di notte, è ben visibile da Tirano.
Il santuario della Madonna di TIrano. Foto di M. Dei CasScendendo ancora, incontriamo, quasi appartata, sulla nostra destra, la chiesetta di San Sebastiano (m. 735). L’ultimo tratto della discesa avviene all’ombra di un bel bosco di ontani neri, betulle e castagni. Lasciato il bosco, raggiungiamo le case più alte della frazione, dove parte, sulla sinistra, un tratturo che sale allo xenodochio di Santa Perpetua, chiesetta che merita un’attenta visita e che rappresenta un ottimo balcone panoramico su Tirano, ed in particolare sul Santuario della Madonna di Tirano. Ed è proprio al santuario che termina quest’ultima semitappa, e con essa il Sentiero del Sole.
Siamo in cammino da circa quattro ore, ed abbiamo superato un dislivello in salita di circa 340 metri.
Sarebbe, dunque, questo il momento delle note di bilancio, ma è più giusto che ciascuno le tragga da sé, dopo aver deciso di effettuare una traversata che merita di essere aggiunta fra i più classici percorsi escursionistici di cui le montagne di Valtellina non sono avare.

Difficoltà
E (escursionistica)
Dislivello
mt. 340
Tempo
4 h
Cartina Kompass n. 93 (Bernina-Sondrio), settore D7
Testo e fotografie a cura di M.Dei Cas

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