LA LEGGENDA DEI CORNI BRUCIATI
Quando il fianco della valle di Preda Rossa prese fuoco
Testi a cura di M. Dei Cas
La
valle di Preda
Rossa, una delle più celebri e belle in Val Masino, è
chiamata così per il colore rossastro delle rocce (preda rossa
significa, infatti, roccia rossa). Chi si affaccia alla piana di Preda
Rossa, salendo da Cataeggio ed imboccando la strada che si stacca sulla
destra dalla ss. 404 della Val Masino, rimane colpito soprattutto dal
lato destro della valle, dominato dalla costiera che dal Sasso Arso
sale fino a culminare nei Corni Bruciati: il versante, qui, è
disseminato di massi rossastri, fra i quali qualche rado larice sembra
sopravvissuto ad un’antica e misteriosa catastrofe.
Ma cosa avvenne in un lontano e leggendario passato? Per saperlo, dobbiamo
salire da Preda Rossa a Scermendone, e per farlo, cerchiamo, a destra,
poco oltre il termine della strada, un ponte, che ci porta ad un sentierino
che, tagliata la frana sul fianco del Sasso Arso, porta all’alpe
Scermendone basso; qui, varcato un ponticello, proseguiamo diritti,
lasciando sulla nostra destra la casera e trovando, sul lato opposto,
una pista che, puntando a sinistra prima, a destra poi, sale al limite
di nord-est dell’alpe Scermendone alto. A Scermendone possiamo,
peraltro, salire, con diversi itinerari, anche dai maggenghi sopra Buglio
o dall’alpe Granda sopra Ardenno (ma in tal caso ci ritroviamo
o a metà, o sul limite di sud-ovest dell’alpe).
Portiamoci, in ogni caso, sul lato di nord-est dell’alpe, dove
ci accoglie la chiesetta di san Quirico, che suscita un effetto di grande
suggestione in questo deserto di silenzio verde. Appena
dietro la chiesetta, se ne abbiamo bisogno, si trova il bivacco
Scermendone. Scendiamo, poi, da San Quirico verso sinistra (versante
valtellinese, sud-ovest) ad una grande vasca in cemento per la raccolta
dell’acqua, posta poco ad est di un ben visibile baitone: possiamo
trovare, in una nicchia, una sorgente, con una scritta non facile da
leggere. Si tratta della celebre “Acqua degli occhi”, una
sorgente di acqua che la tradizione popolare vuole terapeutica per i
malanni che toccano la vista. Per capire perché, dobbiamo però
risalire al bivacco Scermendone, dove, sulla porta, è affisso
un articolo di giornale nel quale si racconta la leggenda cui quest’acqua
è legata.
È la celebre leggenda di Preda Rossa e dei Corni Bruciati. Un
tempo questi non erano, come ora, desolate torri di roccia rossastra,
ma bei pizzi alle cui falde si stendevano, nelle valli Preda Rossa e
Terzana, splendide pinete e pascoli rigogliosi. Vi giunse, un giorno,
un mendicante lacero ed affamato, che si rivolse, per essere ristorato,
a due pastori, l’uno di animo buono, il secondo di animo gretto
e malvagio. Quest’ultimo lo schernì e gli disse che poteva
offrirgli solo gli avanzi del cane, mentre il primo ne ebbe pietà,
lo rifocillò e gli cedette il giaciglio per la notte. Il mattino
seguente il mendicante prese in disparte il pastore buono e gli ordinò
di lasciare subito Preda Rossa per salire a Scermendone e tornare a
Buglio, senza mai voltarsi, qualunque cosa avesse sentito alle sue spalle.
Il
pastore vide il suo aspetto trasfigurarsi, divenendo luminoso e maestoso,
e capì che si trattava del Signore, per cui obbedì senza
indugio.
Lasciata Preda Rossa, cominciò a sentire alle proprie spalle
un gran fragore, grida, rumore di piante e massi che rovinavano a valle,
ma proseguì il cammino, ricordandosi dell’ingiunzione del
Signore. Quando, però, ebbe raggiunto il crinale di Scermendone
alto, e si accingeva a scendere verso Buglio, non resistette, volse
lo sguardo. Fece appena in tempo a vedere uno spettacolo apocalittico,
un rogo immane che divorava i boschi, ma, ancora di più, la stessa
montagna, che si sgretolava e perdeva enormi massi, i quali precipitavano,
incandescenti, a valle. Vide solo per un istante, perché fu subito
accecato da due scintille, che lo avevano seguito. Pregò, allora,
il Signore che lo perdonasse per la disobbedienza, e questi lo esaudì,
chiedendogli di battere il piede contro il terreno e di bagnare gli
occhi all’acqua della sorgente che sarebbe da lì scaturita.
Fece così, e riebbe la vista, tornando a Buglio a raccontare
i fatti tremendi di cui era stato testimone.
Da allora il fianco di sud-est della Valle di Preda Rossa e quello settentrionale
della Val Terzana restano come desolato monito che ricorda agli uomini
l’inesorabilità della punizione divina per la loro malvagità.
Anche
i nomi parlano di una remota e terribile vicenda che ha segnato quest’angolo
di Val Masino: il Monte Disgrazia, prima, si chiamava Pizzo Bello, denominazione,
poi, trasferita alla meno maestosa cima che, con i suoi 2743 metri,
presidia l’angolo di sud-est della Val
Terzana, la poco conosciuta ma interessantissima valle che si apre
interamente al nostro sguardo verso nord-est.