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Autore: M. Dei Cas
Chi, dalla piana della Selvetta, guardi in direzione dell’ampio
versante orobico che scende al fondovalle dalla cima della Zocca, non
può non notare la caratteristica chiesetta di San Gottardo di
Alfaedo, che si stacca, con il suo colore bianco, dalla policromia dei
boschi, nella fascia della media montagna (è posto ad 803 metri),
un po’ spostata a destra rispetto ad un ideale baricentro del
versante.
Alfaedo è
un borgo che, in passato, rivestì molta più importanza
dei centri sul fondovalle. Sul finire dell’Ottocento, per esempio,
vi risiedevano 140 persone, mentre a Selvetta se ne contavano appena
49. Analoga la situazione in un passato ancora più lontano. Nella
sua famosa visita pastorale in Valtellina del 1589 il vescovo Feliciano
Ninguarda, infatti, registra la presenza ad Alfaedo di 16 famiglie.
Tanto per avere qualche termine di paragone, ne registra poi 10 a S.
Gregorio ed altrettante a Selvetta, mentre al Prato ne trova 8. Alfaedo,
quindi, era il centro più importante sul versante di Forcola
che guarda alla Valtellina, e si capisce facilmente il perché.
Il piano, infatti, fino alla bonifica di metà Ottocento, era
paludoso e malsano; la mezza montagna, invece, offriva condizioni ideali
per l’agricoltura
e l’allevamento del bestiame.
Alfaedo, oggi, è un paesino che conta una ventina di case, abitate
solo d’estate, ma non ha certo l’apparenza di un centro
abbandonato dalla vita ed immerso nell’immota malinconia del rimpianto.
Possiamo constatarlo con i nostri occhi, salendo a visitarlo, e lo possiamo
fare con un elegante anello di mountain-bike, sfruttando la strada asfaltata
che sale fin qui partendo da Selvetta.
Per arrivare a Selvetta, paesino amministrativamente diviso fra i comuni
di Forcola e Colorina, dobbiamo lasciare la ss. 38 allo svincolo segnalato,
che si trova, per chi viene da Milano, dopo quello della Sirta, sulla
destra, fra Ardenno e S. Pietro di Berbenno. Lo svincolo, in corrispondenza
di un passaggio a livello, conduce ad una stradina che, in breve, porta
al ponte sull’Adda, oltrepassato il quale ed attraversata la strada
provinciale Pedemontana Orobica, siamo alla Selvetta (m. 280), dove
possiamo lasciare l’automobile.
Salendo verso il centro del paese e proseguendo diritti, senza svoltare
a destra, troviamo la partenza della strada per Rodolo
ed Alfaedo. Essa
risale il fianco montuoso, prendendo inizialmente una direzione a sinistra
e proponendo poi diversi tornanti; dopo 3,5 km, incontriamo un primo
bivio, segnalato: prendendo a sinistra si prosegue per Ròdolo
(m. 676), mentre andando a destra ci si dirige verso Alprato (m. 602),
Foppa (m. 692) e Alfaedo (m. 803). Poco oltre, ad un tornante sinistrorso,
troviamo un secondo bivio, con la strada di destra che prosegue, scendendo,
per Alprato (o il Prato), e quella principale che continua la salita
ad Alfaedo; al successivo tornante sinistrorso dalla strada principale
si stacca, sempre sulla destra, una strada che conduce al maggengo della
Foppa. Ignorando queste deviazioni, raggiungiamo Alfaedo dopo 5 km di
salita da Selvetta.
Se abbiamo un’adeguata preparazione tecnica, possiamo poi tornare
al piano scendendo per la mulattiera che conduce a Sirta, e che passa
nei pressi del limite occidentale del versante (si tratta della mulattiera
che parte dalla Sirta, ed è segnalata come “via per Alfaedo”;
essa propone alcuni passaggi impegnativi, soprattutto nel tratto Lavisolo-Sirta,
per il fondo accidentato e sconnesso). Troviamo la partenza di questa
mulattiera percorrendo la via che attraversa Alfaedo e raggiungendo
l’ultima casa sul versante occidentale: oltrepassata la casa e
varcato su un ponticello di cemento un torrentello, comincia la discesa,
che
tocca i maggenghi della Foppa (m. 692), di Acquazzo (m. 557) e di Lavisolo
(m. 461), prima di terminare alla Sirta. La mulattiera descrive un percorso
tangente al limite occidentale dei prati dei maggenghi, e, nell’ultimo
tratto, si infila nel canalone che si apre a sud-ovest della Caurga,
il ben visibile e caratteristico roccione che sovrasta, a sud-est, l’abitato
della Sirta. Il fondo è, tutto sommato, discreto, anche se la
pendenza, in alcuni tratti, è marcata.
La discesa per questa via può avvenire con numerose varianti.
Alla Foppa, per esempio, possiamo lasciare alla nostra sinistra la mulattiera,
prendere a destra ed imboccare una carozzabile che ci riporta alla strada
Selvetta-Alfaedo. La stessa cosa possiamo fare ai prati di Acquazzo:
in questo caso, prima di ricongiungerci con la strada principale, passiamo
per il maggengo denominato Alprato.
Infine, anche a Lavisolo possiamo abbandonare la mulattiera, volgendo
a destra, attraversando il nucleo di baite ed imboccando una pista sterrata
che scende direttamente a Selvetta: questa soluzione è forse
la migliore, perché ci consente di evitare l’ultimo tratto
della mulattiera, quello più ostico, che mette a dura prova freni
ed ammortizzatori. Se, invece, siamo scesi alla Sirta, il ritorno a
Selvetta avviene con 2 km di tranquilla pedalata lungo la pedemontana
orobica, in direzione est. Tutto questo per chi intendesse terminare
la salita ad Alfaedo.
Segnaliamo,
però, che esiste anche la possibilità di proseguire oltre
Alfaedo, fino al rifugio degli Alpini, posto a 1080 metri. La salita
sfrutta una pista carrozzabile che si stacca sulla sinistra dalla strada
principale, poco prima dell’ingresso al paese. In corrispondenza
della sua partenza, troviamo una curiosa scultura su un grande masso,
che rappresenta due volti, quello di un giovane alpino, sulla destra,
che guarda quasi sgranando gli occhi una ragazza, che invece tiene lo
sguardo basso davanti a sé. Una scena che rappresenta il corteggiamento
“a la moda vegia”, cioè secondo il costume di un
tempo, che voleva il ragazzo intraprendente e la ragazza schiva e pudica.
Dopo questo “amarcord”, imbocchiamo la nostra pista, che
traccia una lunga diagonale verso sud-est, poi svolta a destra; in corrispondenza
di questo tornante troviamo una seconda carrozzabile, chiusa al traffico
dei non residenti, che se ne stacca, sulla sinistra, e sale verso i
prati delle Bruciate (potremo utilizzarla nel ritorno). Poco oltre il
tornante, ad una quota approssimativa di 920 metri, troviamo l’edicola
che segna l’inizio del territorio del Parco delle Orobie Valtellinesi.
Proseguiamo, circondati da una splendida pineta, ed incontriamo anche,
sulla nostra sinistra, un imponente roccione con placche gialle, nel
quale sta, quasi rannicchiato, un piccolo Crocifisso.
Ad una quota approssimativa di 970 metri giungiamo ad un tornante sinistrorso,
in corrispondenza del quale si stacca, sulla destra, una carrozzabile
secondaria che comincia a scendere e porta alla località denominata
Ronco (m. 950). Noi, però, proseguiamo sulla carrozzabile principale,
incontrando, a quota 1020 circa, un nuovo tornante destrorso. A 1050
metri raggiungiamo, così, una piazzola, dalla quale la pista
principale riparte sulla sinistra (con una sbarra che la chiude al traffico
degli autoveicoli), mentre sulla destra si stacca una pista secondaria.
Prendiamo, dunque, a sinistra, ed in breve siamo al rifugio, a quota
1080 circa, a poco meno di 3 km da Alfaedo. Si tratta di un edificio
ristrutturato nel cuore di una bella pineta, ed utilizzato soprattutto
per sagre e ritrovi estivi.
Chi ha tempo e voglia di cimentare le sue capacità tecniche può
scegliere in seguente itinerario di discesa. Dal rifugio parte, sul
lato opposto (orientale) rispetto a quello raggiunto dalla carrozzabile,
un sentiero che si inoltra nel cuore della
pineta,con un primo tratto in leggera salita, fino ad una pianetta,
dove la traccia si fa meno evidente: seguendo però alcuni segnavia
blu, non possiamo perderla. Ci attende un tratto in discesa, scalinato
con listelli di legno, fino ad una seconda pianetta, a quota 1050. Un
nuovo tratto in salita conduce ad una terza pianetta, dove si trovano
anche i segni di bivacchi, per poi proporre un tratto pianeggiante che
ci porta fuori dal bosco in corrispondenza del limite occidentale dei
prati delle Bruciate (m. 1046). Si tratta di un sentiero solo parzialmente
ciclabile: bisogna prestare attenzione, in alcuni punti, soprattutto
alla scalinatura.
I prati sono raggiunti da una pista sterrata che possiamo utilizzare
per la discesa. La pista, già citata, si ricongiunge a quella
che sale da Alfaedo al rifugio degli Alpini. La salita dalla Selvetta
ad Alfaedo e da qui al rifugio degli Alpini ed alle bruciate richiede
circa un’ora di pedalata.