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Autore: M. Dei Cas
Questa proposta di anello di mountain-bike accoglierà
senza dubbio i favori degli amanti di questo sport, che annovera sempre
più numerosi appassionati. Lo scenario è quello delle
Orobie occidentali, e precisamente del versante orobico che guarda su
Regoledo e Cosio, in bassa Valtellina.
Punto di partenza ed arrivo è la località di Piagno, che
si incontra, per chi viene da Milano, circa un km oltre Rogolo, e circa
due km prima di Cosio. Seguendo le indicazioni, stacchiamoci, dunque,
sulla destra dalla ss. 38 dello Stelvio e, oltrepassata la chiesa dedicata
ai santi Gervasio e Protasio, saliamo verso le case più alte,
fino ad un ponticello che valica Rio di Piagno. Possiamo lasciare l’automobile
ad un piccolo parcheggio che si trova appena prima del ponticello, ed
iniziare a salire, da quota 225 circa, portandoci sul lato opposto del
torrente e seguendo le indicazioni per l’abbazia di S. Pietro
in Vallate. Imbocchiamo, così, una pista sterrata che comincia
a salire verso sinistra, nell’amena cornice di una gentile conca
prativa.
Dopo una breve salita, incontriamo, alle spalle di una poco elevata
ma pronunciata formazione rocciosa sul versante orobico, a 292 metri,
i ruderi di un’abbazia cluniacense, fondata tra il 1075 ed il
1110. Si
tratta di San Pietro
in Vallate, di cui restano ancora tracce nella semidiroccata chiesetta
romanica e in pochi ruderi del corpo delle celle. Un luogo che merita
sicuramente di essere visitato, per la sua importanza storica ed il
suo forte impatto suggestivo. Nei secoli successivi alla sua fondazione
l’abbazia fu abbandonata, e cominciò ad andare in rovina.
Già a metà del 1300, con tutta probabilità, all’ordinato
mormorio della preghiera ed al sommesso canto gregoriano si era di nuovo
sostituito, qui, il silenzio. Un silenzio che, probabilmente, accompagnerà
anche i nostri primi sforzi.
Poi, cominciamo ad inanellare una serie di tornanti, prima di raggiungere
la stupenda località denominata Lago di Dossa (a 529 metri),
una conca di prati, che ospitava anticamente un lago ora prosciugato,
circondata da un gruppo di baite. Guardando a nord, dominiamo, già
da qui, l’intera Costiera dei Cech, e, sulla sua destra, scorgiamo
il monte Disgrazia ed i Corni Bruciati. Molto bello è anche il
colpo d’occhio, ad est, sulla bassa Valtellina, che mostra i paesi
di Cosio, Regoledo, Morbegno e Talamona. Alle loro spalle, individuiamo
le due cime guardiane che separano la bassa dalla media Valtellina,
vale a dire, da sinistra, il Culmine di Dazio ed il Crap del Mezzodì.
Più a destra, infine, la cima della Zocca, sul fianco orientale
della bassa Val di Tartano.
Continuiamo
a pedalare su una stradina asfaltata, che valica, su un ponticello,
il Rio di Cosio ed intercetta la strada statale 405 della Val Gerola,
al primo tornante sinistrorso (per chi sale) dopo la partenza da Morbegno.
Saliamo, quindi, per circa 600 metri lungo la strada statale, per poi
lasciarla, sulla nostra destra, alla deviazione per Piantina e l’alpe
Tagliata, in corrispondenza della località Canleggia (m. 550),
dove, su una baita alla nostra sinistra, possiamo osservare un interessante
dipinto che risale al 1838 ed è dedicato a Maria Madre della
Grazia.
La strada sale sul versante orobico tracciando una diagonale verso ovest-sud-ovest,
e regala, in molti tratti, un bel colpo d’occhio sulla costiera
dei Cech, sul monte Disgrazia e sui Corni Bruciati. Sulla sinistra incontriamo
anche una cappelletta nella quale è dipinta una crocifissione.
Dopo aver superato la località Roncale, ci portiamo, quindi,
alla località di Piantina (m. 723), dove, sulla destra, troviamo
anche una piccola chiesetta, dalla quale si dominano Morbegno, Talamona
e la parte orientale della bassa Valtellina fino al Culmine di Dazio.
Superato il Rio Cosio, che scende fino all’omonimo paese, cominciamo
ad inanellare una serie di tornanti. Dopo
un tornante sinistrorso, troviamo anche, sulla destra, la deviazione
per la località di Arighetti, che meriterebbe una visita.
Salendo ancora lungo la strada, che ora propone un fondo sterrato, raggiungiamo
uno slargo, dove si trova anche l’edicola del parco delle Orobie
Valtellinesi. Poco oltre, usciamo all’aperto, sul limite inferiore
dell’ampia fascia di prati dell’alpe Tagliata, a destra
di un evidente dosso boscoso denominato “Doss Tiùn”,
dove si trova anche un’area di sosta attrezzata per picnic e grigliate.
Siamo alla località denominata Bagni dell’Orso, a ricordo
dei tempi nei quali questo plantigrado era di casa fra questi boschi.
La quota è di 1160 metri, ed abbiamo percorso, dal punto in cui
ci siamo staccati dalla strada statale della Val Gerola, 7 km.
Ci attende, ora, una breve rampa dalla pendenza proibitiva, prima del
bivio per Erdona, segnalato da un cartello della Comunità Montana
di Morbegno. E ci attende anche un dilemma: proseguire senza deviazioni
lungo l’itinerario secco dell’anello, oppure salire a visitare
l’alpe Tagliata? La scelta è legata a molte considerazioni,
non ultima quella relativa alle nostre condizioni fisiche ed al nostro
allenamento.
Se abbiamo ancora energie da spendere, vale la pena di investirle in
una salita panoramicamente entusiasmante. Lasciamo
alla nostra destra, dunque, la strada per Erdona, e continuiamo a salire,
passando a destra di un piccolo specchio d’acqua ed a sinistra
di una prima baita. Già da qui il panorama è davvero bello,
soprattutto in direzione dell’alto Lario, che riusciamo a raggiungere
con lo sguardo. La pista ha un fondo discreto ed una pendenza abbordabile.
Dopo aver attraversato una breve selva, usciamo di nuovo allo scoperto,
passando nei pressi di una seconda baita.
Subito dopo una terza baita, troviamo, al tornante destrorso di quota
1470, a poco meno di 5 km dai Bagni dell’Orso, una deviazione
sulla sinistra: una pista scende leggermente e si inoltra nel bosco,
dove termina per lasciar posto ad un sentiero che effettua la traversata
della valle del Rio Cosio e porta ai prati delle Tagliate, leggermente
a monte della Corte, dalla quale si scende facilmente a Rasura. Si tratta
di un itinerario alternativo di mountain-bike, che però faremo
un’altra volta.
Ora, con un ultimo sforzo, portiamoci alla croce di legno a quota 1491,
poco sopra rispetto al punto raggiunto. Stiamo pedalando da quasi tre
ore, la fatica si fa sentire, per cui non ci faremo pregare per effettuare
una bella sosta,
dedicata anche al panorama che si offre ai nostri occhi. A sinistra,
uno spicchio dell’alto Lario, incoronato dalle montagne della
Mesolcina, che, un po’ più a destra, mostrano il versante
occidentale della Valchiavenna, sul quale è facilmente riconoscibile
il pronunciato incavo del passo della Forcola. Poi, con il monte Matra,
seminascosto, le montagna della Valchiavenna si congedano, per lasciare
il posto alla massiccia e solare costiera dei Cech, che si mostra intera
e bellissima proprio di fronte a noi. Non pronunciate, ma distinguibili
sono le cime che la segnano, da ovest (sinistra) ad est, vale a dire
il monte Brusada, il monte Sciesa, la cima di Malvedello e la cima del
Desenigo. Più a destra, scorgiamo solo un frammento del gruppo
del Masino, costituito dal pizzo Torrone orientale, dal monte Sissone
e dalle cime di Chiareggio, sulla testata della val Cameraccio, in fondo
alla Val di Mello. Ancora più a destra lei, la regina delle cime,
il monte Disgrazia, inconfondibile, con i suoi paggi, i Corni Bruciati.
Più a destra ancora, il meno pronunciato pizzo Bello, sopra prato
Maslino (l’alpeggio sopra Berbenno) e, occhieggianti sul fondo,
il pizzo Scalino e la punta Painale, in Val di Togno. Il versante retico
è chiuso, ad est, dal pizzo Combolo, sopra Teglio.
Se
proseguiamo a salire ancora per un breve tratto, troveremo i cartelli
che indicano che siamo all’alpe Tagliata, a quota 1527, e che
proseguendo possiamo salire all’alpe Piazza in 40 minuti di cammino
(trovando anche un nuovo rifugio), per poi proseguire fino al pizzo
dei Galli (dato a 2 ore e 20 minuti) oppure scendendo alla casera di
Mezzana (data ad 1 ora e 40 minuti) ed all’alpe Legnone (che si
raggiunge dopo 4 ore e 30 minuti, necessari per effettuare la traversata
dell’intera Val Lesina, percorrendo il sentiero Andrea Paniga).
Vicino al cartello, si trova, a 1523 metri, la casera dell’alpe
Tagliata. Bene, torniamo ora ai Bagni dell’Orso, dove comincia
la discesa che costituisce la seconda parte dell’anello. Prima
di raccontarla, però, un po’ di pazienza: anche i camminatori
meritano qualche nota.
Ecco, allora, come arrivare fino ai Bagni a piedi salendo da Piagno.
Incamminiamoci sulla carrozzabile che passa per l’abbazia di Vallate
e raggiunge Lago di Dossa. Poco oltre, in corrispondenza di un ponticello
che scavalca un piccolo corso d’acqua, lasciamola per imboccare
un mulattiera che, alla nostra destra, comincia a salire nel bosco,
verso destra, in direzione sud-ovest. Ignoriamo alcune deviazioni e
teniamoci sulla mulattiera principale, che ci porta ai prati della Malanotte
(m. 709), nome poco augurale per una località quasi nascosta
e malinconica.
Proseguiamo, poi, seguendo la medesima direttrice, fino ad intercettare
una pista sterrata che dalla parte alta della località Arighetti
scende alle baite più basse. Seguendo la sterrata, che volge
a sinistra (sud-est), attraversiamo la località, uno splendido
maggengo, luminoso e ridente, posto ad 830 metri di quota. Lasciate
alle spalle le ultime baite, ci attende un breve tratto in discesa,
che ci porta ad intercettare la strada che da Canleggia e Piantina sale
ai Bagni dell’Orso. Possiamo evitare di seguirla interamente imboccando
alcune scorciatoie che la riprendono più in alto. Seguendo questo
itinerario, dopo quasi due ore e mezza di cammino raggiungiamo i Bagni
dell’Orso.
È venuto il momento di parlare della seconda parte dell’anello,
che può essere chiuso in due modi. Intanto cominciamo a pedalare,
su una pista sterrata, in direzione di Erdona, superando le baite dei
Prati della Riva, fino a raggiungere la località Masonaccia (m.
1191), dove s trova un parcheggio. Ora la pista si biforca, e noi dobbiamo
scegliere come chiudere l’anello. La prima possibilità
è quella di scendere ad Erdona e di qui, sfruttando una splendida
mulattiera che propone diversi tratti tecnici, alle località
di Erla e Pistolera,concludendo
la discesa a Rogolo. La seconda, più tranquilla ed un po’
più lunga, propone un percorso interamente su pista sterrata,
ed una discesa che, passando per l’Avert, si chiude ad Andalo.
Descriviamole. In ogni caso, sia che si opti per l’una o per l’altra,
Erdona (Erduna) è una località che non può non
essere visitata.
È un piccolo gioiello, un dolce panettone di prati su cui si
distendono, tranquille, le belle baite che guardano alla Costiera dei
Cech, al monte Disgrazia ed all’alto Lario, che anche qui si mostra
al nostro sguardo ammirato. Il maggengo è posto a 1079 metri,
poco sotto la Masonaccia, e lo si raggiunge facilmente seguendo le indicazioni
di un cartello della Comunità Montana di Morbegno, all’imbocco
del ramo di destra della pista sterrata, che lo raggiunge dopo pochi
tornanti. Anche se abbiamo in animo di tornare a Piagno seguendo il
percorso Masonaccia-Avert-Andalo-Rogolo, scendiamo a riposarci qui per
un po’. Il panorama che si apre sulla bassa Valtellina è
particolarmente incantevole: possiamo, in particolare, seguire le ultime
pigre anse dell’Adda prima del tratto diritto che lo conduce a
sfociare nel lago di Como, con un effetto poetico di forte impatto emotivo.
Vediamo, ora, come scendere per la mulattiera Rogolo-Erdona. La
troviamo seguendo nell’ultimo tratto la pista, prima che termini
ad uno slargo che serve da parcheggio. La partenza è visibile,
sulla nostra sinistra, e, dopo un breve tratto, eccoci in un fantastico
bosco. È come passare gradualmente dal trionfo della luce a quello
dell’ombra, perché, via via che scendiamo, è come
se ci immergessimo nel cuore ombroso del fitto bosco. La mulattiera,
infatti, scende sul fianco orientale della valle del Rio di Erdona,
il corso d’acqua che attraversa Rògolo.
Ci sono diversi passaggi tecnici, soprattutto nella parte alta, dove,
in alcuni punti, quando la mulattiera quasi si truffa nel regno delle
ombre passando a lato di alcune formazioni rocciose, si trovano passaggi
protetti. La pendenza, dopo questo tratto, non è esagerata. Il
fondo è sempre largo, e l’insidia può essere costituita
dall’abbondante presenza di foglie, che possono far scivolare
e nascondere alcuni sassi. Cominciamo, dunque, controllata l’efficienza
dell’apparato frenante, ad inanellare una serie serrata di tornanti,
fino alla cappelletta di quota 753, restaurata nel 1996, dentro la quale
si trova dipinto Gesù crocifisso. Scendiamo, ancora, fino alla
località di Erla (m. 600), dove la mulattiera raggiunge una pista
sterrata, in corrispondenza di un cartello della Comunità
Montagna di Morbegno che segnala la direzione per Erdona. Terminata
la parte tecnica, ci attende ora un tratto decisamente tranquillo.
Prendendo a sinistra, attraversiamo il Rio di Rogolo e, dopo un tratto
in leggera salita, torniamo a scendere, passando a valle della località
di Fistolera (Fistulèra). Anche qui si impone un breve fuori-programma
per salire a visitare il bel gruppo di baite di Fistolera, poste a 55
metri. Anche da qui possiamo godere di un bello scorcio sull’alto
Lario. Vi troveremo, anche, la chiesetta dedicata alla Madonna della
Neve, di origine probabilmente secentesca, e progettata probabilmente
da maestro Gaspare Aprile da Carona. Fra il 1993 ed il 1995 è
stata ristrutturata dal Gruppo Alpini di Rogolo e riaperta al culto.
L’ultimo tratto della discesa avviene su una comoda strada asfaltata,
che termina, dopo diversi tornanti, a Rogolo (m. 219).
E qui, nei pressi della bella chiesa parrocchiale, di origine secentesca,
dedicata a S. Abbondio, ci fermiamo, per aspettare quelli che hanno
scelto di effettuare l’anello nella versione più larga.
Anche loro debbono passare di qui. Li abbiamo lasciati alla Masonaccia:
ci hanno accompagnato nella visita ad Erdona, ma poi sono risaliti al
bivio, prendendo a destra e raggiungendo il limite occidentale della
baite, dove la carozzabile scarta bruscamente a sinistra, e
da essa si stacca una pista sterrata che scende verso destra, con fondo
poco regolare e disseminato di massi che impongono cautela, nella cornice
di splendidi boschi di conifere.
Si deve seguire quest’ultima, che in alcuni tratti si fa anche
un po’ ripida. Dopo un lungo traverso in direzione nord-ovest,
si trova qualche tornante. Il bosco comincia ad aprirsi, ed il colpo
d’occhio sul Pian di Spagna e sui lembi estremi della bassa Valtellina
semplicemente incanta. A quota 873 troviamo un cartello che segnala
la partenza, sulla sinistra, del sentiero che si dirige verso sud, attraversando
il fianco orientale della bassa Val Lesina, fino alle baite di Revolido,
dato a 25 minuti di cammino. Poco oltre, ecco le baite dell’Avert,
bel terrazzo panoramico posto ad 850 metri. L’incanto del panorama
si ripete. Proseguendo nella discesa, la pista si fa un po’ più
stretta e, dopo una serie di tornantini, intercetta, a 610 metri, la
mulattiera che da Andalo sale in Val Lesina, verso Revolido. Si trova,
qui, il cartello che dà la casera di Mezzana, in Val Lesina,
a due ore di cammino e l’alpe Piazza a tre ore e mezza, mentre
le Masonacce, dalle quali scende la nostra pista, è data ad un’ora
e venti minuti.
Nell’ultimo
tratto della discesa si può ammirare la maestria costruttiva
che ha reso possibile la mulattiera Andalo-Revolido, caratterizzata
dalla costante concavità che facilitava lo strascico del legname
verso valle. Alla fine, Andalo è raggiunta. Si passa nei pressi
della chiesa parrocchiale dell’Immacolata, costruita nel 1670,
si atraversa il paese e ci si dirige, su una comoda strada, verso est,
alla volta della rivale Rogolo. Rivale sì, perché Andalo
apparteneva nel seicento al comune di Rogolo, quando questo si staccò,
nel 1610, da Delebio; ma, a sua volta, se ne staccò nel 1781.
Ci siamo ritrovati tutti a Rogolo, alla fine, e da qui possiamo goderci
l’ultima tranquilla pedalata che, lungo una strada che corre parallela
alla ss. 38, ci riporta a Piagno, dopo circa quattro ore di sforzi,
se abbiamo effettuato la digressione per la parte alta dell’alpe
Tagliata: il dislivello in salita, in questo caso, è di circa
1300 metri.