C’è
una Valmalenco per tutte le stagioni. In autunno ed in primavera le
mete escursionistiche classiche presentano la difficoltà del
manto nevoso: è allora tempo di cercare itinerari meno impegnativi,
che, anche nella stagione estiva, si prestano a passeggiate alla portata
di tutti, in scenari che, però, non sono di rango minore, quanto
a bellezza e fascino paesaggistico e naturalistico. L’anello Franscia-Musella
è forse il più interessante, in quest’ottica, e
si presta ad essere percorso non solo da escursionisti, ma anche da
appassionati della mountain-bike.
Punto di partenza è la località di Campo Franscia, che
si raggiunge salendo in Valmalenco, passando ad est di Chiesa Valmalenco
(a 15,5, km da Sondrio), oltrepassando Lanzada, le sue contrade Ganda,
Vetto e Tornadri e seguendo le indicazioni per Franscia. Una strada
asfaltata risale il fianco sinistro (occidentale) della Val Lanterna,
il grande ramo orientale nel quale la Valmalenco si divide sopra Chiesa.
La strada taglia l’aspro fianco roccioso della valle, anche grazie
ad ardite gallerie che non mancano di impressionare chi vi transiti
per la prima volta. Prima dell’ultima galleria, ci troviamo sul
lato sinistro della stretta val Brutta, in uno scenario che non corrisponde
esattamente al nome, ma certamente non presenta un particolare fascino.
Vediamo,
qui, infatti, il cuore della montagna messo a nudo dalle cave estrattive
di serpentino, pietra ollare e talco. Non vediamo più, invece,
i mulini che, sul greto del torrente, facevano muovere i torni utilizzati
per la lavorazione dei “lavecc”, i tradizionali recipienti
in pietra ollare.
L’ultima galleria, infine, ci introduce all’ampia ed amena
conca nella quale è adagiata Campo Franscia, o, con antico nome,
Carale (a m. 1521 e ad 8 km da Chiesa Valmalenco). Qui si incontrano
le due valli nelle quali la Val Lanterna, nella sua parte alta, si divide,
vale a dire, ad est (destra) la valle di Campomoro, dalla quale scende
il torrente Lanterna, o Cormor, e, ad ovest (sinistra) la valle di Scerscen,
dalla quale scende il torrente omonimo. L’importanza del villaggio
era legata alle attività commerciali, di allevamento e di estrazione
mineraria (qui si trovava il cuore del sistema delle miniere di amianto,
aperte verso la fine dell’Ottocento per iniziativa di imprenditori
inglesi). Per questo nodo passavano tutte le mulattiere che si diramavano
poi, nell’alta Valmalenco orientale, in direzione, verso nord-est,
dei passi per la Valle di Poschiavo (già valicati in epoca romana,
come testimonia il ritrovamento di una moneta romana al passo di Canciano)
e, verso nord, dello splendido gruppo del Bernina, dove si trova l’omonimo
pizzo, il “quattromila” più orientale della catena
alpina: questo spiega anche la presenza, in passato, di una caserma
della guardia di Finanza. In
epoca più recente, la costruzione di due grandi sbarramenti idroelettrici,
le dighe di Gera e Campomoro, nell’omonima valle, hanno determinato
un elemento di accelerazione nello sviluppo della zona, facendo della
località una sede di villeggiatura estiva ed invernale.
Da qui parte l’anello. Raccontiamo innanzitutto le possibilità
escursionistiche. All’uscita della galleria, troviamo
subito, alla nostra sinistra, l’albergo-ristorante Fior di Roccia:
lasciamo qui la strada principale, che prosegue, interamente asfaltata,
fino alla diga di Campomoro, prendendo a sinistra ed attraversando il
suo parcheggio, fino a raggiungere un primo ponte, quello sul torrente
Cormor. Poco più avanti, troviamo un secondo ponte, sul torrente
Scerscen. Qui dobbiamo lasciare l’automobile e cominciare a salire,
da una quota approssimativa di 1500 metri.
La mulattiera, che costituisce l’antica via di accesso ai rifugi
alti Carate Brianza
e Marinelli, parte
appena prima dell’imbocco del ponte, e sale, con un primo tratto
ripido, in direzione nord-nord-est, allontanandosi gradualmente dalle
gole dello Scerscen. Il suo fondo è ampio e piacevole da percorrere.
Il tracciato, piegando gradualmente in direzione nord-est, si snoda
ai piedi di massicci roccioni strapiombanti, la cui mole incombente,
sulla
sinistra, è resa più cupa dalla coloritura nerastra che
talora assumono: sembrano lì lì per porre termine a quell’innaturale
sospensione e precipitare, seppellendolo, sull’inerme escursionista
che ne viola i recessi. Sotto uno di questi roccioni troviamo anche
una cappelletta, che sembra posta proprio per scongiurare il pericolo
di questa ecatombe. La loro inquietante presenza è però
temperata da uno splendido bosco di larici che accompagna, con la sua
gentile ombra ed il canto degli uccelli, la fatica della salita.
A quota 1770 circa il sentiero piega leggermene a sinistra, assumendo
un andamento verso nord e raggiungendo il limite orientale della nascosta
conca erbosa dell’alpe Foppa (m. 1825). Qui, volgendo ancora a
sinistra, attraversa, su un ponticello, un piccolo corso d’acqua,
corre per un breve tratto verso ovest, lungo il limite settentrionale
dell’alpe, per poi piegare a destra e riprendere a salire in direzione
nord-est. Dopo un breve tratto in salita, la mulattiera intercetta,
a quota 1900 circa, una pista sterrata che proviene, da destra, dalla
diga di Campomoro e prosegue, verso sinistra, fino all’alpe Campascio.
Seguiamo per un breve tratto la pista, che sale, verso destra, fino
a trovare, sulla nostra destra, la ripresa della mulattiera, con segnalazione
per l’alpe Musella. Imbocchiamo
la mulattiera che sale in un bosco di larici, guadagnando quota 2000
metri, in corrispondenza di un roccione levigato e panoramico. Poi il
tracciato assume un andamento pianeggiante, attraversando una splendida
radura, attraversata da un piccolo corso d’acqua. Oltre le cime
dei larici, appaiono le eleganti cime di Musella, separate, dalla bocchetta
delle Forbici, dalla massiccia mole del monte delle Forbici (m. 2908),
che si erge imponente alla loro sinistra: il tutto compone un quadretto
alpino degno di ispirare il più valente dei pittori.
Siamo ormai vicini alla meta: dopo un ultimo tratto, infatti, usciamo
dal bosco e ci ritroviamo sul limite orientale dell’ampio pianoro
dell’alpe Musella, a quota 2020 metri. Sul significato del nome,
gli studiosi non sono concordi: secondo alcuni deriverebbe da una voce
pre-latina, che significa “mucchi di pietre”, mentre secondo
altri deriverebbe dalla voce medio-latina “musus”, che significa
“sporgenza”, o, ancora, dalla voce lombarda “mosa”,
che significa “pantano”. Sulla bellezza del luogo, invece,
non c’è disaccordo: chiunque si trovi a passare di qui
non può che rimanere stupito dall’armonia dello scenario.
L’ampio pianoro sale, attraverso progressive balze, fino alla
dorsale che separa il circo terminale dell’ampio vallone dall’ampio
terrazzo della bocchetta di Caspoggio, che chiude ad est l’alta
Valle di Scerscen. La
dorsale è scandita, da ovest (cioè da sinistra), dalle
tre cime di Musella, occidentale (m. 3079, conquistata per la prima
volta nel 1881 da R. Aureggi, G. B. Confortola e B. Pedranzini), centrale
(m. 3025) ed orientale (m. 3094), il torrione Brasile (nome singolare,
legato al fatto che la prima ascensione, nel 1913, venne effettuata
da un alpinista brasiliano, E. Marsicano) e la cima di Caspoggio (m.
3136). Una costiera molto bella, che ha l’unico torto di nascondere
alla vista le più alte cime della testata della Valmalenco. La
parte orientale di tale costiera è seminascosta dalla mole massiccia
e tozza del Sasso Moro (m. 3108). Poco sotto la bocchetta delle Forbici
(m. 2661), ben visibile, a sinistra delle cime di Musella, si distingue
il rifugio Carate Brianza (m. 2636), sul sentiero che porta al rifugio
Marinelli. Visto da qui, sembra a mezzora o poco più di cammino,
mentre in realtà è necessaria almeno un’ora e mezza
per raggiungerlo.
Percorriamo, ora, un tratto del limite meridionale dell’alpe,
fino a raggiungere il primo dei due rifugi che vi si trovano, il rifugio
Mitta (erroneamente su alcune carte è segnato invece il rifugio
Musella), a 2018 metri. Poco sotto, troviamo il rifugio
Musella, a 2000 metri. L’alpe
costituisce un crocevia di itinerari escursionistici: si intersecano
un asse est-ovest ed uno sud-nord. Il primo asse proviene da Campomoro
e prosegue verso il vallone di
Scerscen, sfruttando un sentiero che parte nei pressi della baita
posta nel vertice di sud-ovest dell’alpe. Seguendo il sentiero
fino alla fine, grazie ai segnavia dell’alta via della Valmalenco
(si tratta, infatti, di una variante della V tappa), saliamo al rifugio
Marinelli per il vallone di Scerscen. Per l’asse sud-nord, invece,
passa il percorso classico della V
tappa dell’alta via della Valmalenco, dal rifugio
Palù al rifugio Marinelli, che sfrutta la mulattiera che
sale all’alpe Musella dall’alpe Campascio e prosegue per
la bocchetta delle Forbici, affrontando i sette dossi conosciuti, per
la fatica che richiedono, come “sette sospiri”.
Per chiudere l’anello dobbiamo, ora, scendere all’alpe Campascio
(m. 1850), utilizzando il largo sentiero che parte nei pressi del rifugio
Musella, sul limite di un bel bosco di larici, e scende, ripido, fino
al limite nord-orientale dell’alpe, presso una baita isolata.
L’ampia piana dell’alpe è occupata, ad est, cioè
alla nostra sinistra, dai prati, e ad ovest da una ganda di detriti
lasciati dalle piene del torrente Scerscen.
Abbiamo, ora, due possibilità per tornare a Campo Franscia. La
più breve passa per le gole del torrente Scerscen, mentre la
più lunga passa per il dosso dei Vetti. Cominciamo dalla prima.
Raggiunto il limite meridionale della piana, prendiamo decisamente a
sinistra, raggiungendo il punto più basso di un corridoio in
salita con il terreno leggermente smosso. Salendo fino alla sommità
del corridoio, ci troviamo sulla pista sterrata che proviene da Campomoro,
e di cui già abbiamo percorso un tratto salendo dall’alpe
Foppa verso l’alpe Musella. Percorriamo, dapprima in discesa,
poi in salita, la pista, fino a tornare al punto cui giunge, da destra,
la mulattiera che sale dall’alpe Foppa.
Scendiamo, ora, all’alpe Foppa, ripercorrendo in parte il percorso
già effettuato, Raggiunta l’alpe, prendiamo, però,
a destra, fino al suo limite occidentale, dove troviamo, aiutati dai
triangoli gialli, un sentierino che si dipana fra alcuni grandi massi
e comincia a scendere verso ovest-sud-ovest, con un andamento in diversi
punti piuttosto ripido. La traccia è incerta, per cui non dobbiamo
perdere il riferimento dei segnavia.
Il primo tratto della discesa si mantiene a destra di un vallone secondario:
poi, raggiunta una sorta di porta nella roccia, pieghiamo decisamente
a destra, assumendo la direzione sud-est. Alla
nostra sinistra incombe un minaccioso fronte di roccioni strapiombanti,
mentre a destra intravediamo la profonda e scura forra che il torrente
Scerscen si è scavato nel suo corso impetuoso. Si tratta delle
gole dello Scerscen, profonde e selvagge, che raggiungono in alcuni
punti l’altezza di cento metri. In alcuni punti ne possiamo scorgere
uno spaccato impressionante. Proseguendo nella medesima direzione e
piegando, alla fine, leggermente a destra, il sentierino ci porta ad
una fascia di rocce levigate, discese le quali intercettiamo la mulattiera
Franscia-Musella, già percorsa in salita, poco sopra il punto
di partenza. Abbiamo percorso, nella discesa dall’alpe Foppa,
il sentiero di interesse naturalistico segnalato con la lettera D, che
troviamo segnata su alcuni massi. Alla fine, dopo circa 2 ore ed un
quarto di cammino (necessario per superare 510 metri di dislivello in
salita), ci ritroviamo al punto nel quale abbiamo lasciato l’automobile.
Dall’alpe Campascio, possiamo tornare a Campo Franscia anche per
una diverse e più lunga via, che ricalca, per un buon tratto,
il percorso della V tappa dell’alta via della Valmalenco. Dobbiamo,
in questo caso, raggiungere il limite meridionale dell’alpe Campascio
e, seguendo le indicazioni, piegare leggermente a destra, fino ad un
ponte di legno sul torrente Scerscen. Sul
lato opposto del ponte troviamo la larga e comoda mulattiera che, con
andamento sostanzialmente pianeggiante, attraversa uno splendido bosco
di larici e confluisce nella pista sterrata che scende dal passo di
Campolungo. Qui confluisce anche, come indica un cartello, da destra
il sentiero che scende dal bocchel del Torno (o bocchel del Turn), e
che costituisce la prosecuzione della V tappa per chi, sceso dalla Marinelli,
prosegua verso il rifugio Palù.
Noi, invece, dobbiamo scendere sulla pista, che passa vicino al dosso
dei Vetti e si conclude, poco sotto, in prossimità dell’ex-rifugio
Scerscen (m. 1813). Alla pista si sostituisce una larga mulattiera,
che scende fino alle case alte di Campo Franscia, dalle quali, percorrendo
la strada asfaltata, torniamo all’automobile, dopo circa 3 ore
di cammino (il dislivello, invece, rimane di circa 510 metri).
Ecco, infine, come si può effettuare l’anello di mountain-bike.
Partendo da Campo Franscia, sfruttiamo, nella salita, la strada asfaltata
per Campomoro, che passa per l’alpe Largone inferiore e la località
Sasso dell’Agnello, raggiungendo la diga di Campomoro, a 1943
metri, dopo 9 km. La strada è estremamente panoramica: in alcuni
tratti la visuale sul monte Disgrazia (m. 3678) è davvero splendida.
Ottimi sono anche alcuni scorci sulla Val Lanterna, che dominiamo con
lo sguardo, e sul suo fianco occidentale, sulla cui parte alta si individuano
facilmente l’alpe ed il passo di Campolungo (m. 2167).
Raggiunta
la località Campomoro, dove si trova il rifugio
omonimo, stacchiamoci dalla strada, sulla sinistra, proprio nei
pressi del rifugio, per scendere lungo una pista sterrata, che taglia
il fianco roccioso del gradino glaciale che sostiene la piana dell’invaso.
La pista confluisce in una seconda pista, che scende dallo spiazzo ai
piedi del limite occidentale del muraglione della diga. Prendiamo, ora,
a sinistra, scendendo per un tratto, per poi salire fino ad intercettare
la mulattiera Franscia-Foppa-Musella.
Ora possiamo scegliere se salire all’alpe Musella, oppure tagliarla
fuori. Nel primo caso, dobbiamo scendere di sella per un buon tratto,
seguendo il percorso già descritto, per poi risalire in sella
nella seconda parte del percorso che ci porta all’alpe Musella.
La discesa Musella-Campascio, sul sentiero già descritto, è
ciclabile, anche se richiede attenzione. Nel secondo caso, proseguiamo
sulla pista, che torna a scendere, per poi proporre un nuovo tratto
in salita, fino all’ultima discesa che conduce al limite sud-orientale
dell’alpe Campascio. Dall’alpe Campascio raggiungiamo il
ponte sullo Scerscen e percorriamo la mulattiera che confluisce nella
pista che scende dal passo di Campolungo, per poi seguirla fino all’ex-rifugio
Scerscen. Fin qui possiamo rimanere in sella, ma nell’ultima parte
della discesa fino alle case alte di Campo Franscia ci tocca scendere,
perché il fondo è molto irregolare.
L’anello si chiude, così, dopo circa due ore. Il dislivello
in salita è di circa di 570 metri.